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Intervista a Fabio Versaci presidente Consiglio Comunale Torino

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I media (quelli importanti) sono parecchio impietosi nei confronti della giunta comunale di Torino. Ma non solo loro. Recentemente su FB una pagina che vorrebbe essere di satira ha postato una foto di quando pubblicizzava i prodotti della ditta nella quale lavorava, lasciando intendere che la sindaca faccia pubblicità. Le critiche in questi mesi non sono state risparmiate. Anche da sostenitori dei cinque stelle durante la campagna elettorale. Abbiamo chiesto a , presidente del , di raccontarci com’è la situazione e quale fondamento abbiano certe critiche apparse sui giornali. Buona lettura.


Una prima curiosità. A quasi un anno dall’insediamento della Giunta Appendino e della sua nomina come Presidente del Consiglio Comunale, qual’è il bilancio di questa esperienza?

Più o meno l’esperienza è quello che mi aspettavo. Non mi aspettavo un accanimento così forte, nei nostri confronti, da parte dell’informazione. Mi lascia perplesso il funzionamento della macchina comunale e, sopratutto, come agisce la politica. Ho la sensazione di essere coinvolto in una campagna elettorale perenne.

Recentemente la Corte dei Conti è intervenuta sul bilancio della Città, e ne sono nate delle polemiche con l’amministrazione guidata da Fassino. Ci può aiutare a comprendere questa questione?

I nostri predecessori hanno sempre raccontato che i bilanci erano a posto e i conti quadravano. A sentir loro avremmo dovuto essere grati di ricevere una città “perfetta”. Purtroppo non è così. Quando siamo subentrati abbiamo dovuto fare subito una variazione di bilancio di 6 milioni di euro. Proprio perché non tornavano i conti. Successivamente abbiamo dovuto fare altre variazioni per oltre 30 milioni di euro. Il bilancio è un dato oggettivo. Non è che si possa dire “voi non siete capaci!”. Non è questa la questione, in termini di bilancio. Semplicemente questo non era così perfetto come raccontavano. Ci troviamo quindi di fronte a una serie di difficoltà, come ha spiegato la Sindaca, e stiamo lavorando per presentare questo bilancio previsionale.

Questo ha attinenza alla polemica che c’è stata con la questione SMAT?

Certo. Perché quei soldi erano stati messi a bilancio (2016), dalla amministrazione precedente. La Sindaca è andata in assemblea alla SMAT per poterli avere (6 milioni di euro) e invece ha ricevuto un rifiuto. Fatto politico, se consideriamo che negli anni precedenti analoghe richieste da parte del sindaco di Torino erano sempre state soddisfatte.

Qualcuno vi ha criticati per questa scelta e sostiene non vogliate passare SMAT sotto controllo completamente pubblico, come promesso in campagna elettorale.

Stiamo lavorando su questo punto. La collega Albano (Albano Daniela consigliera n.d.r) sta preparando una delibera per portare la SMAT a essere una società di diritto pubblico. Siamo consapevoli che non possiamo farlo da soli. SMAT è proprietà di altri comuni, oltre Torino. Noi comunque faremo la nostra battaglia politica così come promesso.

Nelle relazioni con i cittadini sono stati compiuti molti passi avanti da parte della giunta, ma alcune associazioni vi contestano (almeno così pare dalla lettura di alcuni quotidiani), come i gruppi dell’Assemblea 21. Qual’è la situazione di queste relazioni?

Ci sono stati due incontri. Diciamo che in politica chi è d’accordo non fa notizia. La fa chi dissente o pone questioni. I Comitati richiedono legittimamente delle cose e pongono dei quesiti. Spesso mancano però le basi per capire la situazione. In un primo incontro, durato quattro ore, i Comitati hanno potuto esprimere le loro riserve e porre domande. Noi abbiamo ascoltato ma abbiamo avuto poco tempo per rispondere a questioni complesse. Dai media, che hanno riportato la notizia, sembrava avessimo subito un processo. Non è stato così. Abbiamo dialogato, tra cittadini e istituzione, in un modo che, credo a memoria, non accadeva dai tempi del compianto Carpanini. Erano presenti all’assemblea 15 consiglieri comunali, 3 assessori, tra i quali il vice sindaco, e il sottoscritto (quale presidente del Consiglio Comunale). L’ultimo incontro lo abbiamo avuto sabato scorso (4 marzo n.d.r) e in quella occasione abbiamo spiegato che cos’è un bilancio. Non si può prescindere dalla conoscenza del bilancio prima di pretendere delle iniziative. Noi siamo amministratori di una città e la sindaca deve (e vuole) essere la sindaca di tutti. A volte, anche in Sala Rossa veniamo accusati con la premessa “voi cinque stelle…”, ma non è corretta questa impostazione. Noi apparteniamo a un gruppo politico, ma siamo gli amministratori di questa città e ciò che facciamo, ora, è in funzione del governo di Torino.

Critiche vi sono state mosse nei confronti della questione zoo e dei centri commerciali.

Nel nostro programma elettorale c’è scritto che siamo contro gli zoo. E continuiamo ad esserlo. Il famoso Parco Zoom, ovvero Parco Michelotti, è stato approvato nel 2014 con una delibera in Consiglio Comunale contro la quale gli unici a opporsi furono Chiara Appendino e Vittorio Bertola, consiglieri comunali del M5S nella precedente legislatura. Il 29 giugno 2016, ovvero il giorno prima (30 giugno) nel quale siamo stati nominati ufficialmente i nuovi amministratori della città, è stato firmato l’atto della concessione all’azienda da parte della giunta uscente. Politicamente noi rimaniamo contrari ma, dal punto di vista amministrativo, e legislativo, questa azienda ha tutti i diritti di esercitare la sua attività. Non possiamo fare ora una battaglia politica contro chi ha acquisito, legittimamente, il diritto di fare lo zoo. Abbiamo letto le carte, abbiamo provato a fermare questo progetto. Ci sarebbe una possibilità: revocare quella delibera del 2014, ma a quel punto l’azienda Parco Zoom farebbe causa al Comune e abbiamo altissima probabilità di perdere e di pagare danni per almeno 5 milioni di euro. Ricordo che il comitato contro lo zoo ha già chiesto una sospensiva al Tar, per bloccare il progetto, ma la richiesta è stata respinta..

Il racconto fatto dall’informazione è stato mistificatorio. Non abbiamo mai voluto, promosso, votato o fatto accordi per lo zoo. Abbiamo ereditato un dato di fatto cui non possiamo recedere se non con il rischio di pesanti ricadute economiche sulla città. Come amministrazione non possiamo metterci di traverso contro un’azienda, che ha acquisito diritti in modo legittimo, solo perché politicamente la pensiamo in modo differente.

Per i centri commerciali ci siamo trovati, anche in questo caso, in una situazione difficile. Molti non è stato possibile bloccarli. Per esempio, nel caso dell’area Westinghouse nessuno di noi ha votato la delibera; e ci siamo trovati a prendere atto di decisioni già prese dalla giunta precedente. Indubbiamente questo ci ha consentito di avere dei soldi per chiudere il bilancio. Ma non potevamo comunque fare diversamente. Precisiamo che il racconto dei media è anche qui non proprio corretto. Non sono tutti definibili “centri commerciali”, questi hanno delle caratteristiche ben precise. Molti sono invece dei mega-store di determinati brand.

Come definirebbe la situazione dei campi Rom? Ve ne state occupando?

Purtroppo si parla poco di quello che facciamo. In via Germagnano stiamo facendo un lavoro che non era mai stato fatto prima nei campi Rom, che definirei più propriamente delle baraccopoli. Per noi non ha senso che delle persone debbano vivere dentro delle baracche. Non è accettabile in una città che si ritiene all’avanguardia e si dice civile. Stiamo affrontando il problema. Così come per il Moi, del Villaggio Olimpico. Si parla di oltre 1200 persone che vivono lì. Alcuni arrivano dall’emergenza del Nord Africa del 2011. Si è creato un ghetto. Con la Sindaca ho incontrato per tre volte una delegazione di occupanti per cercare di risolvere il problema; l’ultima volta era presente anche il Prefetto. Stiamo cercando di risolvere ma ritengo problemi di questa portata dovrebbero godere di una attenzione a livello nazionale. Non è facile per una città occuparsi della collocazione dignitosa per 1200 persone, ma ci stiamo provando, con l’aiuto della Prefettura e della Diocesi.

Parliamo delle iniziative molto criticate, come il Salone del Libro e il Festival del Jazz, che poi hanno avuto un epilogo felice.

Il Salone del Libro si farà. Sarebbe interessante andare a rileggere tutti gli articoli usciti in quei mesi, perché poi la gente si dimentica, che ci accusavano di non essere capaci e di aver fatto perdere il Salone alla città di Torino. Sono convinto sarà migliore dei precedenti. Sono cambiate le regole per la partecipazione e saranno favoriti i piccoli editori. Il risultato è stato ottenuto anche grazie al sostegno del presidente regionale Sergio Chiamparino il quale, già sindaco della città, sapeva quanto il Salone del Libro fosse importante.

È stata una collaborazione utile per Torino. Lo vedremo tra qualche mese. Stesso discorso per il Festival del Jazz. Non scompare, ma viene trasformato. Abbiamo un’idea diversa del format. Avevamo sempre dichiarato che il modello del Festival non ci piaceva. Non capisco per quale motivo ci si stupisca. Secondo noi quel modello non aveva effettive ricadute sul territorio. E quindi lo modifichiamo. Anche qui siamo di fronte ad attacchi molto politicizzati.

Ci parli del Bilancio Partecipativo. Come state procedendo?

In consiglio la Sindaca ha confermato che saranno dedicati 500mila euro al bilancio partecipativo. Ora stiamo esaminando i progetti. Abbiamo avuto già delle esperienze, come cinque stelle, in alcune circoscrizioni. Non esiste un metodo perfetto per realizzarlo; ci sono diverse opzioni e le preferenze sono soggettive. Ovviamente il bilancio partecipato non comprende tutto il bilancio della città a disposizione dell’amministrazione. Preciso questo perché talvolta sento affermazioni in questo senso. Dal bilancio complessivo (1,3 miliardi di euro) si devono decurtare le spese fisse (circa 800 milioni), rimangono circa 400 milioni di spesa corrente, ma noi, nella situazione attuale, lo ha spiegato la Sindaca in aula, partiamo con un deficit di 100 milioni di euro, a causa dei pregressi.

Come si immagina la città tra cinque anni?

Consideriamo che noi, come forza politica, siamo un “esperimento”. Amministriamo molte città, di cui, sicuramente, le maggiori sono Torino e Roma. La nostra esperienza, vissuta a contatto con le persone, ci dimostra, e ci conferma, che la politica italiana vive fuori dalla realtà. Se guardiamo nelle pagine social della Raggi e dell’Appendino, quando escono dal “palazzo” e vanno tra la gente, si nota una sincera accoglienza. Quello è il mondo reale. Questa consapevolezza è la forza che ci fa lavorare nonostante i problemi e le critiche pretestuose. Tra cinque anni non saremo molto probabilmente riusciti a fare tutto quello che avremmo voluto, ma avremo di sicuro imposto un cambio di marcia alla città. Avremo dimostrato l’importanza di ragionare la politica in modo diverso. A cominciare dal mettere a posto i conti. Sono convinto ci sarà una città più viva e più a misura di giovani. Sarà cambiato molto il rapporto del cittadino con il Municipio.

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