La Fattoria degli animali (George Orwell)

La fattoria degli animali

Un racconto satirico concepito da George Orwell nel 1937 e pubblicato in Italia nel 1947.
Se l’intento era creare un’allegoria contro il totalitarismo sovietico del periodo stalinista lo si può sempre rileggere con piacere perché custodisce riflessioni molto attuali.
La Fattoria degli animali è una denuncia mirata sui rischi delle rivoluzioni. Iniziano con i migliori propositi ma per strada smarriscono il loro significato originario. Lo si può leggere come un trattato di politologia o di filosofia. La rivoluzione rischia di esser subdolamente tradita da personaggi oscuri che non hanno interesse ai “contenuti politici” della rivolta bensì al potere, al dominio. Costoro costruiscono fitte trame di menzogne per screditare i leader autentici che hanno contribuito al compimento della consapevolezza del “popolo” insorto.
Ma c’è anche il ruolo del “popolo” che accetta la trasformazione dell’idea originaria piegata ai desideri di una minoranza aristocratica e dittatoriale. Il popolo che non sa leggere – e quindi accetta ogni variazione della Legge scritta non capendola; il popolo desideroso di pace e prosperità che preferisce, per quieto vivere, guardare altrove di fronte ai soprusi, alle violenze, alla perdita di quei valori per cui ha combattuto. Il popolo che dimentica facilmente, non ricorda, e seppure gli pare le cose non abbiano il corso giusto vilmente china il capo e si lascia convincere dagli imbonitori che lo persuadono del contrario.

Una metafora oltre il potere del totalitarismo. La dimostrazione di come l’acquiescenza e la rinuncia sono le premesse per essere sottoposti e diventare sudditi. Attualissima l’immagine dei molti privi di strumenti culturali (nel caso l’alfabetismo) adatti a “leggere” la realtà, i mutamenti, le false promesse, la differenza tra la bugia e la verità. La rivoluzione se non è dapprima culturale come atto di nuova coscienza e capacità cognitiva è solo una violenta sostituzione di un potere oppressore con un altro condita di accattivanti slogan che presto muteranno il loro originario significato. Gli stessi pericoli che corrono oggi le nostre democrazie troppo fragili.

Napoleon, seguito dai cani, montò ora su quella specie di palco da cui il Vecchio Maggiore aveva un tempo pronunciato il suo discorso. Annunciò che da quel momento le sedute della domenica mattina sarebbero state sospese. Esse non erano necessarie e non costituivano che una perdita di tempo. In avvenire tutte le questioni relative al lavoro della fattoria sarebbero state definite da uno speciale comitato di maiali presieduto da lui stesso. Questo comitato si sarebbe riunito privatamente e le sue decisioni sarebbero poi state comunicate agli altri animali. Gli animali si sarebbero ancora riuniti la domenica mattina per il saluto alla bandiera, per cantare Animali d’Inghilterra e ricevere gli ordini per la settimana; non vi sarebbero state più discussioni. Nonostante l’emozione provocata dall’espulsione di Palla di Neve, gli animali furono costernati da questo annuncio. Molti di loro avrebbero protestato se fossero riusciti a trovare le giuste ragioni. Persino Gondrano si sentiva vagamente turbato. Abbassò le orecchie, scosse il ciuffo sulla fronte e fece un grande sforzo per raccogliere i suoi pensieri; ma infine non trovò nulla da dire. Alcuni maiali invece riuscirono un poco ad esprimersi. Quattro giovani porci in prima fila emisero acute strida di disapprovazione e tutti e quattro si alzarono e cominciarono a parlare assieme. Ma ecco che i cani accovacciati attorno a Napoleon fecero udire un profondo e minaccioso brontolio, e i porci tacquero e tornarono a sedere. Allora le pecore uscirono in un altissimo belato: «Quattro gambe, buono; due gambe, cattivo!» che andò avanti per circa un quarto d’ora e mise fine a ogni possibilità di discussione. Poi Clarinetto fu mandato in giro per la fattoria a spiegare agli altri la nuova sistemazione.
«Compagni» disse «io confido che ogni animale saprà qui apprezzare il sacrificio che il compagno Napoleon ha fatto prendendo sopra di sé questo maggior lavoro. Non pensate, compagni, che la direzione sia un piacere! Al contrario, essa è una grande e pesante responsabilità. Nessuno più del compagno Napoleon crede che tutti gli animali sono uguali. Troppo felice egli sarebbe di lasciarvi prendere da voi stessi le decisioni. Ma potrebbe accadere che prendeste decisioni errate, e che avverrebbe allora? Supponete che voi aveste deciso di seguire Palla di Neve col suo mulino campato nella luna, Palla di Neve che, come ora sappiamo, altro non era che un criminale!».
«Ha combattuto valorosamente alla Battaglia del Chiuso delle Vacche» osservò qualcuno.
«Il valore non basta» disse Clarinetto. «La lealtà e l’obbedienza sono assai più importanti. E quanto alla Battaglia del Chiuso delle Vacche, credo che verrà un giorno in cui troveremo che la parte avuta da Palla di Neve fu molto esagerata.
Disciplina, compagni, disciplina ferrea! Questa è oggi la parola d’ordine. Un passo falso, e i nostri nemici ci sopraffaranno. Certo, compagni, voi non volete il ritorno di Jones!».
Ancora una volta a questo argomento nulla si poteva opporre. Gli animali non volevano certamente il ritorno di Jones; se i dibattiti della domenica mattina potevano esporli a quel pericolo, i dibattiti dovevano cessare. Gondrano, che ora aveva avuto tempo di pensare, si fece portavoce del sentimento generale dicendo: «Se il compagno Napoleon lo dice, bisogna che sia così». E da quel momento fece sua la massima: «Napoleon ha sempre ragione» in aggiunta al suo motto personale: «Lavorerò di più».
[La Fattoria degli Animali – George Orwell – cap. V]

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