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Renzi vs. Zagrebelsky parlare di referendum nell’era del renzusconismo

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Il faccia a faccia tra il professor Zagrebelsky e il primo ministro Renzi in televisione ha rappresentato uno scontro ad armi impari. Lo confermano il giudizio di alcuni osservatori e certi commenti nei social dove sostenitori del SI non sono stati minimamente scalfiti dalle argomentazioni del professore che solo in alcuni momenti è riuscito, su questioni importanti, a mettere in difficoltà .

Com’è possibile avvenga questo? Non è difficile rispondere se si valuta ciò che oggi è la televisione, cosa rappresenta, e come viene gestita dal potere politico. Progressivamente nel tempo, dall’era berlusconiana, ora renzusconiana, il dibattito televisivo è stato trasformato da confronto di opinioni – e argomentazioni – in uno spettacolo per teatranti. Se ne accorse per primo, pagandone il prezzo, il buon Giorgio Bocca, uno dei nostri più valenti giornalisti, la cui partecipazione a trasmissioni televisive non dava la misura delle sue capacità rinvenibili nei suoi scritti.

Nell’era della comunicazione regna la prevaricazione saccente e spudorata. Vale per la televisione, come nei social. Ed è proprio la politica ad aver influenzato negativamente i social, e la nostra percezione del web, riducendo il dibattito a battute estemporanee e spesso fuori contesto. I tweet sono interpretati come trattati di filosofia politica. I commenti arroganti e/o offensivi e/o canzonatori, si trasformano in “saggi” culturali. Si commenta “out of topic” e senza magari aver letto il testo cui ci si riferisce. Si condividono notizie da blog, che trattano argomenti delicati, privi di fonti di riferimento.

I “leoni da tastiera” belano insulse non-argomentazioni come quando capita di parlare tra amici e, tra uno scherzo e l’altro, magari spunta un discorso serio, e allora c’è sempre il più idiota che deve trasformare la discussione in “caciara” perché non è all’altezza. E questo vale per tutte le posizioni politiche (e intendo proprio tutte!)

Abbiamo perso il senso del dibattere, dell’argomentare; della curiosità di capire perché l’altro la pensa in modo differente da noi (povero J.S. Mill!). Ignoriamo il vero senso del web, delle sue potenzialità, della possibilità di capire, approfondire, conoscere. Invece del “diffondere a maneeettaaaa!!” dovremmo preoccuparci di “infondere” conoscenza dentro le nostre teste: e alcuni posseggono vasti open space tutti da arredare.

La televisione comanda questo ritmo di parole inutili in un reciproco scambio di pochezze. Ecco quindi che un professore di comprovate conoscenze, persona di garbo ed educata, fatica a nuotare dentro un acquario dove l’acqua è oleosa. Le parole che esprimono un argomento non contano o contano poco, interrotte dall’arrogante interlocutore che banalizza, minimizza. L’immagine del parlante viene coperta dalla mimica sfacciata dell’interlocutore, dalla sua faccia di gomma, dai gesti, dall’atteggiamento corporeo che indica disprezzo.

Il “confronto” televisivo non è più tale da molto tempo. Uno dei motivi per il quale evito queste trasmissioni. L’obiettivo non è far capire i termini dei problemi ma catturare la simpatia del telespettatore nel modo più superficiale possibile. Recentemente un bell’esempio lo ha fornito Alessandra Mussolini a “l’aria che tira”, s-parlando della Virginia Raggi (sottolineando le orecchie a sventola,) tra le risate degli astanti e della conduttrice. Un confronto tra un rispettabile signore, e un cialtrone arrogante e strafottente, non è un confronto alla pari. Se così fosse, in una dimensione diversa, il cialtrone stazionerebbe al bar con gli amici suoi simili a osservare, magari di sfuggita in Tv, le persone serie che discutono, anche animatamente, dei problemi. Nella nostra dimensione, invece, creata da 20 anni a questi parte, i cialtroni finiscono in televisione come, e forse più, dei sapienti.

Considerando le forze schierate in campo, ai sostenitori del NO, salvatori della , spetta il compito di avvicinare i cittadini direttamente, per metterli a conoscenza dei fatti reali, nascosti dagli slogan. In televisione bisogna mandare chi è in grado di affrontare la presupponenza e le menzogne profuse a raffica.

(D.A. 02.10.16)

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