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Quale futuro per il Movimento 5 Stelle? Lettera aperta…

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Tommaso Currò è un nome che è risuonato parecchio nei social network nelle ultime settimane, sovente accompagnato da complimenti non proprio lusinghieri. Folgorato sulla via del PD il nostro ha compiuto il salto della quaglia dalle file del M5S a quelle della maggioranza. Ovazione da parte del PD all’annuncio, e non potremmo aspettarci altro da un partito che vive sui tradimenti, correnti, sulle ipocrisie tra il “dire” (in televisione) e il “fare” (in Parlamento) con minoranze interne che annunciano un giorno si e l’altro pure la fuoriuscita che non si concretizza mai ma si perde in chiacchere e minacce a vuoto.

Per il M5S si tratta invece di un trauma, di una sofferenza per gli eletti e sopratutto per i simpatizzanti/attivisti. L’atto di Currò si configura come il tradimento dei tradimenti, quello verso gli elettori e verso gli impegni presi; azione odiosa che è proprio all’origine della nascita del movimento stesso, nel tentativo di ristabilire un collegamento, morale e materiale, tra l’elettorato e il rappresentante eletto negli organi istituzionali. Se è legittimo non riconoscersi più in un progetto politico è doveroso dimettersi dagli incarichi ricevuti grazie al beneficio di quella fiducia accordata dall’elettorato di riferimento e ripresentarsi, se lo si ritiene opportuno, sotto altra veste agli elettori che valuteranno. Ovviamente nel paese in cui l’elettorato non conta più nulla se non come soggetto firmatario di cambiali in bianco, questo principio è disatteso, da cui l’ovazione per il “traditore” dimenticando che un “traditore” spesso lo è per sempre… quindi buon pro gli faccia!

Per il M5S rimane la consapevolezza che talvolta, quando si hanno dolori addominali e disordini interni, è necessario passare attraverso una diarrea liberatoria per ristabilire la buona salute dell’organismo.

Ma negli ultimi mesi tutta una serie di questioni  hanno investito i cinque stelle: il movimento è apparso un po’ in crisi, alla deriva, smarrito tra risultati elettorali, espulsioni, e una contestata assenza dalla TV. Confesso di aver avuto qualche timore. Mi è tornato alla mente un episodio accaduto in un’altra vita nella quale giovane (di età che lo spirito lo conservo tutt’ora in spregio all’anagrafe) appassionato del Partito Radicale, domandai a una persona ben addentro al partito perché Pannella avesse deciso di candidare Ilona Staller (in arte Cicciolina) alcuni anni prima. La risposta fu lapidare. Il PR viveva in quegli anni un consenso molto forte e in crescita, gli Italiani parevano aver capito che era possibile votare per un partito “diverso” ma Pannella ebbe timore dell’assalto alla diligenza del “vincitore”, come d’uso in terra italica, paventando il rischio di veder trasformato il PR da “movimento”, qual in fondo era, in un partito come tutti gli altri. Candidò dunque Cicciolina, il PR perse una barcata di voti e nel tempo, tranne qualche eccezione, è rimasto la cenerentola della politica sino a diventare un ricordo per quanti in quegli anni credettero nella costituzione di un forte partito liberale, libertario e democratico.

Beppe Grillo non è Pannella, nel bene e nel male; di sicuro è persona estremamente intelligente cui non smetterò mai di rinnovare la mia stima e il mio affetto per il mal di pancia di cui si è fatto carico nel cercare di creare un’alternativa al putridume in cui si è impaludata la politica italiana. La mossa della nomina di cinque “vice” – o chiamateli come vi pare – è quanto mai opportuna per gettare le fondamenta di una rinascita e di uno sviluppo “adulto” del movimento.
Perché di questo si tratta, di una “crisi” di crescita di un movimento che dallo stato “adolescenziale” si appresta a diventare “adulto”. In queste ore un altro passo è stato compiuto: l’elezione di un “comitato” che valuti le espulsioni nel merito e dia il giusto spazio alle posizioni difensive di chi è accusato di aver violato i regolamenti. Il problema non sono le espulsioni nel momento in cui si certifica che c’è una violazione delle regole, la questione è come si procede. Lo sostengo da tempo.

Da mesi è in corso un dibattito che trova spazio nei social circa l’opportunità/necessità del M5S di essere presente in televisione. Gli eletti sono quasi “perseguitati” da attivisti e simpatizzanti che chiedono perché il movimento non manda in TV i suoi rappresentanti. La questione invero è molto delicata. Le argomentazioni pro e contro hanno ragioni parimenti valide. Da una parte abbiamo un lavoro immane che parlamentari, senatori, consiglieri, sindaci realizzano ogni giorno e sembra che il 90% di questa attività sia svolta in Australia. Dall’altra abbiamo un sistema di informazione indecente e assolutamente parziale e manovrato per scopi politici. Resta la questione che la maggior parte delle persone (purtroppo) assume la televisione come referente principale dell’informazione politica, economica e sociale. Un bel dilemma di cui occorre essere consapevoli e che richiede una riflessione almeno sul dove partecipare, come partecipare e chi deve partecipare ai programmi. Perché è chiaro che il messaggio assume un valore positivo o negativo anche in funzione del veicolo (persona) che lo comunica nel contesto in cui la comunicazione avviene.

Il 2014 ha visto il M5S segnare il passo sul risultato elettorale delle elezioni Europee. Una sconfitta? Direi di no, quanto piuttosto lo scontro con delle dinamiche elettorali cui l’adolescente movimento non era preparato. In molti si chiedono come sia possibile che molti elettori, a parole delusi dai propri partiti di riferimento, non votino per il M5S e non lo riconoscano come referente. Gli scandali, le menzogne, le politiche economiche e i privilegi mantenuti contro i cittadini sono di una evidenza lacerante. Il M5S ha scoperto sulla propria pelle che essere “onesti” e l’agire per conto dei cittadini e non per i giochi di potere dei palazzi collusi con la criminalità organizzata non è così pagante nell’immediato e la risposta di molti elettori si rivolge piuttosto all’astensione che a un cambio di indirizzo politico. Un modo di agire che non è razionale!
Ed è proprio questo il punto della questione! Le scienze neurologiche ci dimostrano, da oltre dieci anni, che le persone compiono delle scelte in modo molto meno razionale di quanto credono. Su questo filone si sono aperti campi scientifici nuovi che vanno sotto il nome di Neuro-Economia, Neuro-Marketing e credo prima o poi si dovrà affrontare un discorso di Neuro-Politica.
Senza entrare per ora nel merito complesso, la questione basilare è il dato scientifico di come vengono prese le scelte da ciascun individuo esaminando i meccanismi neurologici del cervello. L’irrazionalità, o meglio, l’emotività gioca un ruolo non solo non secondario bensì principale.
L’esempio più classico è l’esperimento tra la Coca Cola e la Pepsi Cola. L’esperimento consiste in due fasi: si prendono degli individui e si fanno assaggiare loro le bevande. Prima senza alcun riferimento al marchio, in una secondo momento rendendo invece il marchio evidente. Nella prima fase il risultato è che i soggetti affermano che le bevande sono identiche, nella seconda fase (a marchio visibile) la stragrande maggioranza afferma che la Coca Cola è migliore.
Questo significa che il “brand” non ostante la nostra valutazione “razionale” gioca un ruolo fondamentale.

A mio parere tradotto in analogia “politica” significa che il “marchio-simbolo-partito” gioca un ruolo radicale nella mente delle persone non ostante quel “marchio” abbia deluso e tradito le aspettative. Il comportamento di una persona “tradita” non è mai un comportamento razionale nell’immediato. Prendiamo i casi di tradimento all’interno di una “coppia”. Quali comportamenti assume il “tradito”? Negazione di fronte all’evidenza. Diffidenza verso qualsiasi nuovo rapporto oppure il “buttarsi” in relazioni occasionali senza alcuna convinzione.
La consapevolezza di un tradimento è dolore, delusione, è il mondo che ti crolla addosso e ciascuno tende naturalmente a negare l’odiosa verità e molte volte continua a subire il tradimento sino a quando non decide, da sola, di “meritare” qualcosa di meglio.

Qui c’è un altro elemento cardine della psicologia politica. L’elettore medio, l’attivista, il simpatizzante del M5S è persona che ha già elaborato un “lutto” per la politica tradizionale. Ha già superato il dolore del tradimento e si è aperto a nuove esperienze. Ma non tutti hanno gli stessi tempi. Questo è molto importante perché significa che è possibile rendere il M5S più forte e più radicato nella realtà del paese ma occorre elaborare chiavi di lettura e di comportamento che creino emozioni “positive” nell’elettorato. Pensare che quelli che non votano M5S sono incapaci di intendere o stupidi è un grossolano errore dettato dall’emotività in risposta a un altro stato emotivo. Due stati emotivi sommati insieme non producono un pensiero razionale ma solo stagnazione mentale.

Il M5S è nato come soggetto “fluido” non agganciato a teoremi ideologici ottocenteschi. Questa identità “debole” ha consentito che un numero considerevole di persone, proveniente da diverse aree politiche, si sia identificata e riconosciuta sul rifiuto del marciume e dell’ipocrisia della politica tradizionale cercando un nuovo progetto politico. Il M5S ha incarnato questo progetto e Beppe Grillo è stato l’elemento catalizzatore e propulsivo per lanciare questa diversa visione della politica. Nel movimento ciascuno ha visto l’immagine di sé, del progetto, e ha aderito con favore identificandosi con le “regole” che il movimento si è dato. Ma queste regole sono state sovente composte di “slogan” la cui applicazione pratica non è così immediata ma richiede una elaborazione più complessa e articolata.
Questo è un altro elemento che contraddistingue la “crescita” da una fase adolescenziale a quella adulta e certamente alcuni ne sono spaventati avendo il timore che si vada verso una strutturazione simile a quella dei partiti tradizionali.
È una delle sfide più grandi che si troverà ad affrontare il M5S nei prossimi mesi. Tradurre slogan come “uno vale uno”, “democrazia partecipativa”, in un pensiero organico e razionale che raccolga il più ampio consenso possibile, oltre a quello che è già stato meritevolmente fatto con il Sistema Operativo.

Facciamo un esempio di comunicazione “politica”. Se affermo che “noi siamo oltre (la destra e la sinistra)” offro una chiave di lettura che funziona per aprire delle porte già aperte. Destra e sinistra hanno una connotazione ben precisa dal punto di vista storico e politico e per la maggioranza delle persone hanno un significato determinato. Nella realtà quotidiana l’azione del movimento è indirizzata a compiere atti politici tipici della “sinistra” (solidarietà, giustizia sociale, equità) e della “destra” (libero mercato concorrenziale, aiuti alla piccola media impresa, difesa del made in Italy) come non si vedeva da anni! Se però il messaggio è “noi siamo oltre..” mi colloco fuori da queste aree in una dimensione che, se va davvero “oltre” gli steccati ideologici, risulta anche fuori della portata “mentale” di chi ragiona in termini storici di destra-sinistra.

La sfida è sia sul versante della comunicazione (convincere sempre più cittadini che è giusto “meritare di meglio” che questa attuale classe politica) e che le iniziative politiche del movimento raccolgono il meglio del pensiero riformista della destra e sinistra storica, sia sul versante della ristrutturazione e consolidamento di un progetto (e di una visione) che crei una struttura leggera che non rinneghi i fondamenti del movimento e faccia chiarezza sui meccanismi decisionali. Altresì deve essere chiaro che nessuno all’interno del movimento può più pretendere che questo sia fatto a propria immagine e somiglianza ma occorre uno sforzo comune per riconoscere il nuovo soggetto e contribuire alla sua formazione.
Il ruolo di Grillo rimane un ruolo centrale in questa fase di passaggio e se le procedure non sono ancora quelle che vorremmo… occorre avere pazienza e un po’ di indulgenza e meno ossessioni di complottismo. Gli assalti che subisce il M5S quotidianamente da una pubblicistica serva e connivente sono poca cosa rispetto ai danni che possono essere prodotti se i meccanismi di gestione del movimento offrono il fianco a infiltrazioni interessate alla sua demolizione dall’interno.

Bene, se avete avuto la pazienza di giungere sino al fondo di questa mia lettera natalizia – personale – al movimento vi ringrazio di cuore e spero il tempo impiegato alla lettura sia utile a qualche riflessione.

D.A. 25.12.14

 

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