I Black Bloc e la Milano da bere.

black bloc

di Davide Amerio.

Il giorno in cui in questo paese si riuscirà ad avere un Ministro dell’Interno che non sia di origine democristiana, o fascista (parentesi leghista a parte), forse riusciremo ad avere conto di ciò che realmente accade in certi momenti e durante certe manifestazioni. Nella Milano da bere un gruppo di Black Bloc agisce, praticamente indisturbata, per mettere a ferro e fuoco un angolo della città. Questo è il primo elemento che desta curiosità. Se un No Tav in Val di Susa piscia contro una rete di protezione del cantiere della Maddalena viene immediatamente circondato e identificato e in Procura viene aperto un fascicolo a suo nome.

In un filmato sul FQ viene mostrata l’avanzata finale della polizia su giubbotti, caschi, maschere antigas; la spiegazione la forniscono le parole del giornalista: i BB abbandonano le vesti di protezione e camuffamento, scappano dopo aver agito con furia devastante, e si nascondono nel corteo pacifico dei No Expo. Perlomeno con questa osservazione siamo venuti a sapere che esisteva anche un corteo pacifico che manifestava.

Sorge una domanda. Come fanno questi BB ad essere così attrezzati? Dove prendono i soldi per comprarsi tutta questa roba? Queste attrezzature, giubbotti spessi, caschi, maschere antigas, non sono proprio quelle cose che infili dentro un sacchetto di carta per la spesa e te ne vai in giro per la città mentre nessuno può capire se stai facendo acquisti o ti stai preparando alla guerriglia. Anche in questo caso il confronto con la situazione della Val Susa è disarmante. Le perquisizioni effettuate negli zaini degli studenti e dei manifestanti in prossimità di una manifestazione non si contano.

Quindi, ancora una volta, abbiamo “facinorosi” o presunti tali che spostano l’attenzione mediatica sulla violenza. Qui si devono notare due cose. In primo luogo le foto mostrano “violenti” che portano gli stessi anfibi indossati dai poliziotti – avranno lo stesso fornitore? – che sono l’equivalente delle foto scattate in val di Susa dove soggetti a volto coperto stavano appostati dietro le linee delle forze dell’ordine.
Secondo, la reazione ben diversa tenuta dalla polizia a Bologna dove manifestanti a volto scoperto, a mani nude, senza alcuna protezione, che contestavano la presenza di Renzi, sono stati caricati e manganellati, ancora una volta, da poliziotti in tenuta antisommossa.

Insomma chi sono davvero questi black bloc e cosa vogliono? Domanda che ne genera altre. Per esempio Massimo Bonato su Omissisnew sottolinea l’ipocrisia perbenista che, fino al giorno prima, accusa le banche di ogni malefatta ma poi, il giorno successivo, se qualcuno rompe la vetrina di una banca, è pronto a “scatenarsi” verbalmente nella denuncia della violenza e dei “violenti”. Siamo di fronte a un bel dilemma: come si può fare la “rivoluzione”? Si fa con azioni del tutto pacifiche o anche aggressive? In Val di Susa dopo innumerevoli manifestazioni pacifiche si è passati al “sabotaggio”, che è azione ben diversa, bisogna dirlo, da azioni violente che non sembrano essere finalizzate a nulla.

Elemento comune, notano su Contropiano, è la sproporzione delle accuse che partono dalla magistratura in questi casi: ieri quelli di Terrorismo contro i No Tav, oggi quella di “devastazione” contro i BB, che rischia di rivelarsi fallace e non sostenibile secondo i termini del codice penale. Ma la “gravità” delle imputazioni risponde a due necessità: la prima di mostrare decisionismo e “polso duro” da parte di uno Stato che fa acqua da tutte le parti; la seconda intimidire coloro che contestano. La manifestazione del dissenso, è chiaro a chiunque la pratichi un po’ per le strade, deve avvenire in modo sopratutto silenzioso, non solo pacifico; non deve disturbare o farsi troppo notare.

E qui sorge un altro dubbio. Sempre su Omissisnews si riporta lo studio effettuato sui movimenti di contestazione che popolano la rete web.
Senza entrare nel merito delle singole lotte territoriali, si evince che esiste un mondo di contestatori che si è organizzato e comunica creando spazi di politica reale nella difesa del proprio territorio. Uno spazio che i “politici” di professione hanno abbandonato da tempo e hanno bollato come crisi Nimby (acronimo di Not in my backyard). L’azione contraddistingue questi movimenti che si spalleggiano e si interessano gli uni degli altri, per difendere ambiente, territorio, salute e diritti. E laddove propongono alternative nessuno li considera.
Non si può non notare come l’azione violenta getti facilmente discredito su questa attività politica ogni qual volta questa si traduca in manifestazioni pubbliche che escono dal web.

Ma non si possono nemmeno classificare tutte queste azioni violente come esclusivamente mirate a squalificare l’attività dei movimenti. Pochi sembrano prendere in considerazione la natura rabbiosa di queste azioni e i giovani che le commettono. Fuori dalla retorica di regime, a questi giovani che si sentono esclusi dal “sistema”, senza un futuro, senza una prospettiva che non sia la violazione dei diritti positivi, che cosa rimane? Nella magnifica Milano – da bere – cuore pulsante delle “faccende” italiane connesse alla mala politica e alla corruzione e oggi alla realizzazione di un evento a colpi di scandali e miliardi e cementificazione, quale credibilità si ha verso i giovani invitati a lavorare gratuitamente – perché fa curriculum ?
Quale credibilità ha un sistema bancario basato sulla finanza creativa che piega e obbliga governi a chiedere sacrifici al popolo per ripianare i propri sbagli? Quale considerazione si può avere di governi che impongono salassi e riducono lo stato sociale mentre non tocca gli ignobili privilegi della classe politica, di funzionari di stato, di corrotti e corruttori?
Non è raro ascoltare nei servizi filmati la voce di persone a sostegno di questi giovani dicendo “non se ne può più…”.

Non scendo nella banale analisi del tipo “tutta colpa del sistema”, perché non è così. La colpa è più “nostra”, di sudditi che si credono cittadini , perché tutto questo “carosello” di situazioni che si intrecciano offre la solita visibilità mediatica ai politici, a certi intellettuali, a una parte compiacente del sistema dei media, di scandalizzarsi, di fare passerelle, di esprimere opinioni senza analisi. Di spostare l’attenzione sui petardi lanciati per strada mentre in Parlamento un governo nominato getta bombe dentro la nostra Costituzione e le fa esplodere impunemente mentre canta il ritornello delle “riforme necessarie”.

Si agitano in continuazione i fantasmi del terrorismo, lo spettro del disordine sociale, l’incubo della violenza per le strade, così in pochi si accorgono, mentre applaudono la politica che ripulisce il loro “giardino” insozzato, che l’unico vero assente a questa pantomima è la semplice “verità” sulle cose. La nuda e cruda verità su un paese che perde ogni giorno un pezzo di libertà tra gli applausi che i perdenti riservano ai propri carnefici.

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