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Cosa significa Euro: colloquio con Antonio Maria Rinaldi

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La moneta unica dimostra ogni giorno di più la sua pericolosità per il nostro sistema economico. Gli unici a non rendersene conto sembrano essere il governo e le burocrazie che hanno imposto la filosofia dell’austerità. Qualche dubbio assale alcuni osservatori ma la fede nei parametri europei prevale ancora. Ne abbiamo parlato con il prof. Rinaldi europeista convinto ma altrettanto fermo oppositore dell’Euro.

Alcuni articoli di economia e finanza (tra questi uno di Paolo Cardenà) riportano le stime del FMI per l’Italia. Vi si afferma che mentre oggi il Pil italiano è intorno al -0,2% per l’anno prossimo il Fondo stima un valore del +0,8%. Dal momento che tra i due valori c’è una differenza netta di un punto percentuale e stante la condizione attuale del paese quanto è credibile questa stima?

antonio-maria-rinaldiQueste stime fatte da organismi internazionali sono un po’ i trabocchetti messi in pratica dalla Troika, si divertono alle nostre spalle a dare i numeri all’otto. Non darei loro molto credito al momento. I dati sono anche appropriati ma le valutazioni no perché come sappiamo con l’Esa 2010 è possibile ritoccare il “peso” di certe voci nella determinazione del Pil nazionale. C’è un valore del 17,5% di “peso” per alcune voci che hanno a che fare con le attività illecite; in particolare abbiamo visto che nell’ambito di quel 17.5% si offre un peso superiore alle attività di contrabbando, a quello degli stupefacenti e a quelli della prostituzione. Otteniamo in questo modo solo ed esclusivamente per questo anno, un incremento del Pil. A meno che questo tipo di attività il prossimo anno non abbiano uno sviluppo così forte da dare un irrinunciabile contributo al Pil italiano.
Le politiche economiche con i vincoli esterni sono state accettate e benedette anche dalla Troika, nonché consigliate da loro e quindi “devono” dire che queste politiche sono andate bene anche per noi. Sappiamo invece che le cose non stanno in questi termini, anzi, l’ultima manovra annunciata dal governo (l’intervista si è svolta sabato 18 ottobre scorso ndr) che prevede tagli di tasse non indifferenti andando a reperire i fondi incidendo in modo pesante su tagli di spesa significa aumentare sempre di più la situazione di deflazione in cui siamo precipitati.

Nel dicembre 2013 il FMI fece un mea culpa nei confronti della sottovalutazione che il moltiplicatore fiscale aveva dato come impatto nelle economie. A quanto pare invece il governo Renzi realizzerà una manovra nella direzione opposta ignorando anche questa considerazione del Fondo. Avremo un ulteriore impatto negativo sui valori macroeconomici. Il FMI affermava che il moltiplicatore fiscale era 0,7 o 0,8 (cioè per ogni euro di aumento di carico fiscale, ovvero riduzione di spesa, non ci sarebbe stato un impatto superiore a 0,5/0,7 sul Pil) invece si sono resi conto – a posteriori- che questo impatto sarebbe stato intorno a 1,7/1,8 e in alcuni casi, come quello della Grecia, è andato oltre il 2. In una situazione di deflazione conclamata come in Italia ritengo che l’impatto del moltiplicatore si avvicini più al 2 che a valori sotto l’unità. Non penso non abbiano saputo fare i conti, temo non abbiano alternative al poter proporre altro che questo tipo di manovra.

Mentre gli altri governi non avevano forze autonoma e capacità politica per imporre le proprie decisioni, perché sapevano che sarebbero andati incontro ad una deflazione (in Italia) il governo Renzi non ha utilizzato un “assist” che non c’è più stato dai tempo della firma del trattato di Maastricht: i Francesi hanno detto in maniera estremamente palese che avrebbero prima curato gli interessi del loro paese e poi i dettami europei. Essendo la Francia non certo un paese di serie “b” per l’Italia era l’occasione di imporre la stessa scelta per non rispettare i parametri. E’ incomprensibile la perdita di questa occasione a meno che non ci siano degli accordi stabiliti sui tavoli europei che noi non conosciamo. Era l’occasione d’oro per far fronte comune e spezzare questa austerity che ci sta uccidendo.

Ma Francia e la Svezia hanno annunciato che rinunceranno ai “vantaggi” offerti dal ricalcolo del Pil secondo i parametri Esa 2010. 

La Francia si è rifiutata di usare questo escamotage per drogare il proprio Pil consapevoli che questo può andar bene per il primo anno e che di fatto non vengono considerati i valori reali dei fenomeni, essendo di per sé queste attività illegali definite come in “nero”. I proventi non finiscono nel computo per le tasse.

C’è un certo silenzio sulla Grecia, non se ne sente più parlare, qualche voce di default oppure si leggono articoli che parlano di ripresa dopo tanti sacrifici. A lei cosa risulta?

grafico GreciaDobbiamo domandarci perché c’è stato un salvataggio della Grecia a suo tempo. Il salvataggio era rivolto a tutelare i creditori, non certo i debitori: i Greci e il sistema delle imprese del paese. Abbiamo visto gli effetti tragici che il popolo Greco ha dovuto subire a fronte di questo “salvataggio” che era rivolto a tutelare le banche del nord Europa. Ora ci si rende conto che questo tipo di “salvataggio” non ha prodotto quello che avrebbe dovuto produrre nella economia reale (nessuna creazione di posti di lavoro e di sviluppo). La situazione è gravissima in Grecia. La dimostrazione è data dai crescenti movimenti politici di protesta che stanno raccogliendo ampi consensi. Si parla di elezioni nel qual caso sarà difficile arginare la protesta crescente come è stato fatto durante la fase di “salvataggio”. Ci sono stati licenziamenti nel settore pubblico, la disoccupazione è al 30%, e quella giovanile non è più nemmeno quantificabile; se qualcuno dice che la Grecia sta meglio ha un bel coraggio. La Grecia è stata trascinata nell’Unione Monetaria senza aver assolutamente le carte in regola né tanto meno le convenienze future per poterci stare. Se è difficoltosa la situazione per noi che siamo la seconda nazione per produzione manifatturiera in Europa figuriamoci per loro che hanno una struttura industriale ben diversa. E’ stata fatta una forte pressione, sono stati truccati anche i conti con gli swap sui famosi 110mld sui titoli greci per occultare parte del debito pubblico per farli entrare nell’Unione Monetaria Europea. Purtroppo queste cose continuano ad essere gestite da “politici” e non da “statisti” e i politici sappiamo bene che non sanno guardare oltre la punta del proprio naso.

Un mese fa circa il premio nobel Stiglitz ha tenuto una lectio magistralis al Parlamento italiano. Ha ribadito gli aspetti negativi dell’euro e ha individuato gli Eurobond come soluzione possibile.
E’ uscito un libro di Marco Cattaneo e Giovanni Zibord dal titolo “La soluzione per l’Euro” nel quale si individua nella emissione di Certificati di Credito Fiscale una possibile soluzione per produrre liquidità senza uscire dall’Euro. Una moneta parallela costituita da certificati di credito.
Sembrano in aumento le voci “dissidenti” in favore di una uscita dall’euro e si profilano soluzioni diverse. Qual’è la sua valutazione su queste “alternative”?

In realtà molti paesi vorrebbero uscire ma nessuno ha la capacità o la forza e la situazione politica per poterlo proporre. Questo non significa che una classe politica dirigente consapevole non predisponga di un serio e credibile piano “B” per una uscita ordinata. Il rischio è che nessuno abbia il coraggio di fare il primo passo e poi una mattina ci svegliamo e ci accorgiamo che l’Euro è imploso comunque non per decisione di qualcuno ma per situazioni finanziarie esterne. Mi riferisco per esempio ad alcune banche molto grandi che sono impegnate con operazioni di derivati e noi ci troveremmo a dover mettere immediatamente mano a un piano “B” per uscire in modo ordinato ed evitare che ci sia davvero il disastro. Il mio dubbio è se oltre a prevedere un piano “B” sia stato anche previsto che questo piano sia gestito da persone “capaci” perché questa è una questione delicata.
Se dovesse implodere l’area euro a causa di una crisi finanziaria esterna non dipendente dai paesi europei il fallimento che fece la Leuman Brother per 625mld di dollari può essere paragonato alla “mancia al bar” rispetto a quello che potrebbe arrivarci addosso.
Allora chi la gestisce una crisi come questa? Questo governo? Renzi? Monti? Sarebbe molto preoccupante; addirittura sarebbe preferibile in questo caso rimanere nell’euro. Sono personaggi che hanno poca credibilità e preparazione visto che non sono nemmeno in grado di predisporre un serio piano “A” per rimanere nell’Euro, figuriamoci un piano “B”!

L’escamotage dei certificati serve ben a poco perché il debito pubblico rimarrebbe in questo caso comunque espresso in euro che resta una valuta estera e saremmo sempre soggetti ai vincoli esterni. Il problema non è della liquidità che c’è e in abbondanza. Il problema è che le banche non si fidano a dare il credito. La prova è che quando la BCE ha fatto questa operazione finalizzata al finanziamento delle imprese le banche italiane ne hanno usufruito poco segno che non hanno bisogno di liquidità. Semplicemente non si fidano delle imprese e non lo concedono. Siamo al punto in cui gli stimoli monetari non servono più perché gli attori (banche e imprenditori) hanno a disposizione liquidità ma non la mettono in circolazione e preferiscono accumularla. Questo perché manca la fiducia. Purtroppo il governo non agisce per dare questa fiducia e stanno agendo in modo che questa liquidità si riduca ancora di più.

eurobonds1Gli Eurobond non sono la soluzione. In fondo siamo ancora un po’ tutti “ubriachi” del disegno europeo. L’abilità di coloro i quali sostengono l’Unione Monetaria è quella di sovrapporre i due concetti: Unione Monetaria e Unione Europea. Sono due cose completamente distinte. Oggi chi sostiene a spada tratta l’Unione Monetaria non comprende che proprio questa mette a rischio l’unione nel suo complesso. Essere uniti in Europa non significa avere la moneta unica, significa perseguire principi di pace, di progresso, di scambi, pur rimanendo nelle proprie autonomie che tengono conto delle caratteristiche peculiari di ogni paese. Mischiando le due cose chi solleva dei dubbi e delle obiezioni sulla moneta viene tacciato di anti europeismo ma ciò è falso! Se vogliamo salvaguardare il concetto di Europa così come inteso dai “padri fondatori” per evitare guerre e tragedie accadute sin dai tempi dell’Impero Romano in poi sul territorio europeo ci dobbiamo liberare assolutamente dell’Euro che ci conduce ad una “guerra economica” di fatto.

Eurobond significa emissione con solidarietà comune, ovvero i singoli paesi possono emettere titoli con la solidarietà di tutti gli altri. Ma questo è possibile se i singoli paesi mettono delle garanzie “reali” a fronte di queste emissioni comuni. Questa è però un arma a doppio taglio. Innanzi tutto se è vero che oggi il nostro debito è espresso in valuta estera lo abbiamo però ancora denominato sotto la nostra giurisdizione, e questo vale per tutti i paesi dell’area euro. Con gli Eurobond questo non sarà più possibile perché saranno emessi sotto la giurisdizione europea. Questo significa che saremmo costretti vita natural durante a rimborsare questo nostro debito in euro. Quindi se noi volessimo o dovessimo uscire (per i motivi citati prima) non lo potremmo mai più fare. In Italia, e nelle altre legislazioni, esiste quella che si chiama Lex Monetae (1277 e 1278 del codice civile italiano) che dà facoltà di pagare i debiti e incassare i crediti nella moneta che in quel momento è legale. Se ci legassimo agli Eurobond questo non lo potremmo più fare. In questo caso pur uscendo dall’Euro e tornando alla nostra sovranità monetaria noi il debito lo dovremmo comunque pagare in euro e annulleremmo gran parte dei vantaggi di cui potremmo beneficiare con il ritorno alla “nuova” Lira o come la vogliamo chiamare.
Inoltre dovremmo aderire all ERF (European Redemption Found), questo perverso meccanismo di pressione coercitiva previsto all’art. 4 del Fiscal Compact – quello che prevede la riduzione dell’eccedenza del 60% del proprio debito nell’arco temporale di 20 anni. Siccome non credo nessuno sia ingrado di rispettarlo, nemmeno i Tedeschi, a meno che uno non voglia inciampare nel cadavere dei cittadini e delle imprese del proprio paese, saremmo costretti a mettere a garanzia collaterale anche tutti i beni patrimoniali dello Stato, riserve auree e asservimento in parte della fiscalità. Significa praticamente dover abdicare completamente alla propria sovranità. Quindi personalmente contesto l’ERF e conseguentemente gli Eurobond che sono l’espressione tecnica per poterlo realizzare. Bisogna stare ben attenti a certi passi cercando di capire quali sono i collegamenti tra i diversi aspetti.

L’economista Brancaccio intravede nell’uscita dall’Euro un pericolo per i salari, temendo probabilmente una forte crescita dell’inflazione. E’ una preoccupazione fondata? Lei ha già posto nei suoi libri la questione dell’inflazione contestando certi allarmismi. Per i lavoratori è meglio stare dentro o fuori dall’Euro?

Nel famoso piano “B” che tutti hanno, dovrebbe essere previsto un collegamento con dei “padrini”, ovvero degli accordi internazionali con altri paesi che ci diano una mano per uscire, in cambio di alcune cose che noi possiamo offrire loro ma su un piano di rapporto paritetico. Per quanto riguarda il discorso dei salari nessuno che abbia un minimo di cognizione economica può sostenere che il giorno dopo del ritorno alla sovranità monetaria le cose sono rose e fiori e tutto ritorna a essere meglio di prima. Ritornare indietro dopo una condivisione di moneta fatta in questo modo con dei danni fortissimi nei confronti delle varie classi sociali e nei confronti delle aziende ci saranno dei problemi ma sarà il danno minore. Di fronte al disastro possibile per la permanenza nell’euro bisogna fare delle scelte.
Poniamoci una domanda: per poter pagare oggi i lavoratori in euro che prezzo stiamo pagando? Qual’è il vantaggio dello stare nel club dell’euro? L’inflazione è diventata deflazione e per la nota curva della Legge di Phillips ha provocato una disoccupazione che non si vedeva dai tempi della guerra. Ricordo che quando l’inflazione era ben più alta la disoccupazione era dimezzata. E’ chiaro che ci vogliono dei meccanismi di tutela nei confronti dei lavoratori ma potrebbe anche essere l’occasione di guardare con più attenzione all’acquisto di prodotti italiani; ci accorgeremmo della maggior convenienza dei nostri prodotti rispetto a quelli esteri. Per i mutui bisogna considerare che questi sono stati sottoscritti con banche italiane quindi nel caso di switch tra euro e la nuova moneta il valore non cambia: se avevi 100mila euro di mutuo avrai ancora 100mila nella nuova moneta corrente.

Per quanto riguarda l’inflazione ci stiamo accorgendo adesso di quanto sia invece utile averne entro un certo livello, sbaglia chi dice che assume gli stessi livelli della “svalutazione”. Sono due cose diverse. Un conto è il valore di “concambio” e un conto è il valore di “cambio”. Il concambio è il rapporto tra euro e la nuova moneta (e non esiste più il rapporto con le 1936,27 del concambio tra vecchia Lira e euro) ed è un rapporto 1:1. Saranno i mercati finanziari che stabiliranno, sulla base dell’andamento dell’economia, quale sarà il rapporto di cambio tra la nuova moneta e le altre, così come oggi avviene tra euro e dollaro, per esempio. Saranno gli stessi partners stranieri, a partire dalla Germania, che non consentiranno una forte svalutazione della nostra nuova moneta perché sarà contro i loro stessi interessi. Tutte queste ipotesi catastrofiche vengono sollevate in genere da persone che non hanno dimestichezza con il funzionamento dei mercati finanziari. La moneta non è altro che il mezzo tecnico per riavere la padronanza della propria politica economica e non dettata dai vincoli esterni. Riappropriarsi delle propria moneta significa riappropriarsi della propria politica economica tarata sulle esigenze del paese e non su quello che ci impongono gli altri con i “compitini”.
E’ quello che sta facendo la Francia oggi dichiarando che sfonderanno i parametri perché hanno deciso di privilegiare la politica economica interna rispetto a quella dei parametri imposti. Resta da capire quando anche il loro debito (che è dato dalla somma dei deficit accumulati nel tempo più gli interessi) giungerà al valore del 100% del Pil quali ulteriori richieste faranno all’Unione Europea non essendo in possesso degli strumenti economici adeguati per gestirlo mancando loro la sovranità monetaria. Avere la sovranità monetaria è il primo fondamento di politica economica per poter gestire il proprio debito da parte di qualsiasi stato che pretenda di essere “sovrano”. Che è quello che fa l’Inghilterra pur rimandendo, anche se con molte perplessità, nell’Unione Europea.

Beppe Grillo promuove il referendum popolare sull’Euro. Un gesto politico, simbolico, di valore solo consultivo nell’ambito della nostra Costituzione. Può essere uno stimolo utile alla riflessione politica sulla moneta unica?

beppe-grilloIl referendum può essere un’arma a doppio taglio. Noi siamo, e non solo in Italia, bombardati da un pensiero unico, un muro di gomma da 25 anni che non fa altro che decantare le “meraviglie” del fatto di avere la moneta unica. La realtà è diversa e la gente è spaventata. Il voto espresso alle ultime elezioni europee va in questa direzione. Anche se qualcuno inizia a dire cose diverse per “pararsi”; siamo pur sempre il paese dell’8 Settembre!
In questo momento proporre un referendum se non si è fatto preventivamente una forte azione informativa può rappresentare un boomerang e se a questo referendum consultivo dovesse vincere il “No” (ovvero rimaniamo nell’Euro) noi non riusciremmo più a porre la questione e moriremmo con l’Euro. Bisogna prima fare un’ampia azione informativa preventiva attraverso i giusti canali e utilizzando le persone competenti. Il rischio è che molte persone in buona fede rispondano negativamente; per esempio uno che ha il mutuo da molto tempo si ricorda di quando l’aveva in ECU e ha preso delle stangate. Bisogna dimostrare che è peggio rimanere nell’euro piuttosto che l’uscire. Penso che i sei mesi (proposti da Grillo per indire il referendum) siano un po’ pochi rispetto ai venti anni di martellamento mediatico che abbiamo subito.
Grillo è in grado di mettere in campo persone che siano in grado di gestire questo passaggio? E’ scontata l’onestà delle persone che lui propone ma oltre a questo occorre una competenza tecnica per spiegare nel miglior modo possibile questo passaggio.

L’ultima idea di Renzi per “stimolare” la crescita è quella di portare il TFR in busta paga. Le sembra una proposta utile per il rilancio dell’economia?

Quello che mi preoccupa è che al governo non è così necessario che ci siano degli economisti, l’importante è che ci sia un supporto degli economisti con la giusta preparazione per mettere in guardia su cosa può succedere facendo determinate scelte. Come insegnante di Finanza Aziendale mi sento di affermare due concetti che forse sfuggono allo stesso Renzi e all’entourage degli economisti che gli stanno intorno.
Primo: il TFR è un istituto di tutela nei confronti del lavoratore. Quando va in pensione o cambia lavoro o viene licenziato ha così una certa somma per aiutarlo nel passaggio. Il fatto di dare la possibilità di consumare prima questa quota non rappresenta più lo spirito con sui è stata creata questa tutela. Oltretutto sono soldi che appartergono già al lavoratore mentre nella operazione di Renzi sembra che vengono loro regalati come un qualcosa in più.
Secondo: il fatto più “grave” è quello di porre le aziende in crisi di liquidità. Pare gli economisti al servizio di Renzi si siano dimenticati ciò che si studia al primo anno di università, cioè che il TFR è una forma classica di finanziamento dell’azienda che lo usa remunerandolo di un interesse di cui beneficeranno i lavoratori. Se i TFR vengono sottratti alle aziende significa che queste devono reperire quelle stesse risose da altre parti. E sappiamo quanto sia difficile in questo momento l’accesso al credito. La stessa Confindustria valuta questa operazione intorno agli 11-12 miliardi di euro.

Tutta l’economia mondiale ruota attorno al debito. Krugman arriva ad affermare che bisognerebbe avere il coraggio di azzerare il debito a livello mondiale per cambiare il modello economico. Cosa ne pensa?

Molto di questo debito che gira il mondo è emesso da soggetti che non hanno la capacità di gestirlo autonomamente. Possiamo rendere sostenibile il debito se abbiamo tutti gli strumenti economici per poterlo gestire. In assenza di questi non è possibile. Domandiamoci: cosa si intende per debito? Il solo debito pubblico? Secondo me bisogna anche metterci dentro il debito dei privati; ci siamo abituati a parlare di debito pubblico perché i famosi parametri di Maastricht parlano di questo. Ma se fossero stati inseriti anche i debiti privati probabilmente noi saremmo il paese più “virtuoso” in Europa e paesi come l’Olanda sarebbero peggiori di Cipro o della Grecia.
In realtà quando ci sono crisi di debiti privati è chiaro che poi deve intervenire lo Stato e c’è una ricaduta a livello di paese. Alla fine sono importanti i debiti privati così come quelli pubblici e purtroppo questo non lo dice nessuno. Probabilmente perché sul debito pubblico le banche possono sempre bussare alle porte dei governi minacciando e così alla fine aumentano le imposizioni fiscali In questa configurazione monetaria europea le aziende e i cittadini sono considerati i “prestatori in ultima istanza” dal momento che la sostenibilità del debito è demandata alla sola leva fiscale nei confronti dei cittadini e delle imprese oltre che al taglio delle spese; questo significa aumentare l’impegno da parte dei cittadini nel sopperire a servizi che non vengono più erogati.

 D.A. 27.10.14

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